Cinquanta sfumature di Masoch: la
nascita di un ideale
Di Silvia Ripà
Parlando di sadismo e masochismo
purtroppo la mente, troppo spesso irrispettosa del suo potenziale, si volge in
automatico al film - libro, saga o che dir si voglia - “Cinquanta sfumature di
grigio”. La ragione risiede probabilmente nello scandalo suggerito, che
ciascuno ha poi declinato in base alla propria sensibilità: per il maschilismo,
per la società odierna, per la passività, per le pratiche sessuali sperimentate
(ma solo perché “non si fa così”, la sanno tutti lunga in quanto a bondage) e
così via. Qualcuno si è giustamente scandalizzato per il successo riscosso da
un prodotto mediocre, ma sarebbe superfluo rilevare l’ovvio. In ogni caso è
stato offerto uno spunto di riflessione non banale, che fino a poco tempo fa
risultava addirittura elitario: la letteratura erotica è un genere che merita
un adeguato riconoscimento e rimarcare la differenza con la cosiddetta
pornografia sembra una sorta di retaggio vittoriano, esclusivamente
terminologico.
Il Medioevo distingueva, con
profondità, tra due tipi di demonismo, due perversioni fondamentali: l’una per
possessione, l’altra per patto o per l’alleanza. Se identificassimo il Demone
con quel groviglio di istinti primordiali, che la Cultura occidentale ci ha
insegnato dalla nascita a tenere sotto controllo, non potremmo che scendere a
patti con loro e propendere verso una delle due perversioni che ne conseguono:
il sadismo e il masochismo, ovvero due naturali pulsioni dell’essere umano,
perennemente in bilico tra dominazione e sottomissione, dominatore di pochi e
vittima di molti.
Per dare un assaggio del
meraviglioso cosmo racchiuso nell’asettico aggettivo “masochista”, non si può
che trovarne un altro, meno umiliante e più realistico: “idealista”. Venere stessa,
in quanto incarnazione dell’amore carnale e ideale, è la mèta a cui aspira il
masochista: costui non potrebbe mai accettare l’abiura di sé stesso se
l’oggetto amato e dispensatore di punizioni redentrici non fosse qualcosa di
inarrivabile, in virtù del quale ogni dolore possa essere superato, sopportato
e, infine, addirittura desiderato. Cosa c’è, in questo concetto, di così
lontano dall’Amore cortese e principesco che si insegna alle bambine? Cosa c’è,
in quell’insegnamento, di più puro e meno grottesco di un uomo che aneli alla
sua Venere avvolta nello zibellino? Immaginiamo questa Venere pagana, a cui
tutti, almeno per una volta, abbiamo votato il nostro respiro. Immaginiamola
comodamente seduta e infreddolita, davanti ad un caminetto scoppiettante, in
tutta la sua sovrumana avvenenza, il viso pallido dagli occhi di pietra
illuminato dal fuoco. La sublime donna, con il corpo marmoreo avvolto in
un’ampia pelliccia, potrebbe finalmente rispondere alle nostre domande; ma non
come farebbe una qualsiasi donnetta amica che, tale e quale a Cleopatra, avesse
preso quel nome per combattere il sesso nemico: ella rappresenterebbe piuttosto
la più pura incarnazione del proprio sesso, senza opposizione, senza
contrapposizione, senza altro al di fuori del sé.
Noi masochisti quindi Le
chiederemmo: «Gentile Signora, perché indossa quella pelliccia? Non fa più
freddo da mesi, siamo nel pieno dell’estate. Evidentemente anche lei soffre di
nervosismo».
E la Dea inizierebbe così a
risponderci: «Non tremo per il freddo. Tremo perché capisco finalmente la virtù
delle donne nordeuropee e la filosofia tedesca che le ha cresciute. Non mi
meraviglio che tutti voi, tedeschi e nordici per adozione, non sappiate amare e
non abbiate la più pallida idea di come comportarvi».
Noi masochisti, certi di aver sempre
amato più di quanto non lo fossimo mai stati, ci indigneremmo: «Mi permetta di
dire che qui noi tutti abbiamo amato. Non Le abbiamo dato alcun motivo per dire
questo. Abbiamo costruito relazioni durature, basate su sentimenti autentici.
Abbiamo investito tempo e abbiamo sofferto quando non siamo stati corrisposti
dalla stessa intensità o quando siamo stati lasciati».
Venere riderebbe di noi. Non le
servirebbe nemmeno scomporsi per prendere la frusta e ferirci con una stoccata sadica:
«Già, perché voi soffrite. E quale
rispetto pretendete per tutta questa sofferenza. Amate qualcuno che vi
contraccambia con atti di Crudeltà. Ma chiamate Crudeltà l’elemento primo della
sensualità, dell’amore più vivo, la natura stessa della donna, ossia il darsi
completamente quando ama e amare con la stessa intensità tutto quel che le
piace»
«Quindi l’infedeltà non sarebbe per
Lei un atto crudele? Esiste forse qualcosa di più doloroso dell’infedeltà della
persona amata?»
«Oh - risponderebbe la Dea - noi siamo
fedeli finché amiamo, ma voi pretendete fedeltà senza amore, e dedizione senza
piacere. Chi tra i due è Crudele, allora? Voi prendete sempre l’amore troppo
sul serio, parlate di doveri, di correttezza, quando non si dovrebbe parlare
che di piaceri. Questa gioia per gli dèi non è cosa per voi uomini moderni, per
voi figli della riflessione. Non appena volete essere naturali, diventate
volgari. Non sapete camminare nudi, ma non desiderate altro che spogliarvi. La
Natura vi si presenta come qualcosa di ostile, avete trasformato in demoni gli
dèi sorridenti della Grecia e di me avete fatto un essere diabolico. Sapete solo
mettermi al bando, maledirmi quando vi tocco, oppure scannarvi come vittime
sacrificali davanti al mio altare, in preda al furore orgiastico, in balìa
della mia bocca vermiglia; e poi ve ne scappate a piedi scalzi, con indosso un
cilicio, sperando di trovare una ginestra lungo la strada brulla, quando sotto
i miei piedi spuntano ogni momento rose e orchidee, ma non le cogliete. Il loro
profumo non giunge fino a voi, rinnegati. Restatevene a riflettere tra le
vostre brume celtiche e fra i fumi del vostro incenso cristiano. Ma lasciate
noi pagani in pace sotto le ceneri di lava, non dissotterrateci più. Pompei non
fu costruita certo per voi, non per voi furono costruite le nostre ville, i
nostri templi. Voi non avete bisogno di dèi, se non per farvi frustare. E noi,
nel vostro mondo cristiano, moriamo di freddo».
Il Masochista – così come l’innamorato
- non accetta che gli esseri umani possano rivelarsi semplicemente come quel famoso
gallo spennato, gettato da Diogene nella scuola platonica tra le risate più
ciniche, al suono dell’indelebile grido: “Eccovi l’uomo di Platone!”.
Nella sua pura e alta convinzione il
masochista sembra addirittura dignitoso, poiché preferisce innalzare sé stesso
desiderando una dèa o un dio, l’incarnazione androgina di Venere. Per lenire lo
strazio di questo clamoroso errore ogni frustata darà piacere e nel contempo
sarà fonte di redenzione. Dunque un comportamento masochista rappresenta
l’ultimo baluardo difensivo per ogni idealista eternamente innamorato di
qualcosa. Quale sarà il contrappunto di quest’atteggiamento passivo-aggressivo,
il centro di frattura, solo il sadico potrà raccontarlo, l’unico in grado di
comprendere.
Ma, da essere umano, il masochista ha
scelto come tutti solo il male minore per sé: meglio essere puniti dalla dèa
dei propri sogni, che giacere accanto a galli spennati e scimmie parlanti.